Role-Playing Game e Diritto
di Vincenzo Maria Binetti
Introduzione
Un gioco di ruolo, spesso abbreviato in GDR o RPG (dall’inglese role-playing game), è un gioco in cui i giocatori assumono il ruolo di uno o più personaggi in uno spazio immaginato, in cui avvengono fatti ed eventi fittizi.
Creare un collegamento tra Diritto e GDR è pura follia.
Il giurista navigato che si affacci a questo breve scritto non tarderà a riconoscere l’isterica pretesa che ne è alla base: lo sfacciato tentativo di un acerbo studente di nobilitare i suoi infantili sollazzi ludici, riscattando così l’onore del nerd che è stato. Lo studente chiede venia, conscio di scrivere qualcosa che potrebbe risultare impopolare.
L’analisi poggia sulla premessa che il Diritto è il prodotto dell’opera di Legislatore, Giurisprudenza, Dottrina, e Consuetudini, e sull’osservazione che anche nei GDR è possibile riscontrare la presenza dei suesposti formanti. Per questa ragione è interessante condurre una disamina comparativa, al fine di comprendere se, ed in che misura, i giochi di ruolo possano essere assimilati ai sistemi giuridici.
I - Il Legislatore
I sistemi di Civil Law sono caratterizzati dal fatto che le norme sono scritte, e spesso racchiuse in Codici, all’interno dei quali viene collazionata la materia normativa inerente a un determinato settore del Diritto (e.g. Codice Civile, Codice Penale, ma anche Codice del Consumo, Codice della Strada e via discorrendo), tendenza in vero obsoleta e sempre più dismessa.
Allo stesso modo le regole degli RPG vengono scritte da un soggetto regolatore - di solito l’ideatore o gli ideatori di esso - e racchiuse in una serie di massicci manuali, ciascuno dei quali disciplina un determinato aspetto del gioco. Ulteriore somiglianza tra manuali e Codici è data dalla circostanza che i paragrafi vengono di frequente numerati, ricordando così la numerazione degli articoli nei Codici.
Proprio come accade per le leggi, inoltre i regolamenti dei GDR vengono spesso riformati e novellati, in relazione ad esigenze di carattere storico - così gli RPG degli anni ’80 erano molto più sintetici di quelli di inizio anni ‘2000, i quali a loro volta erano molto più dettagliati e specifici di quelli più recenti - ma anche come rimedio a disposizioni poco chiare, rimaste insolute, o il cui significato era stato alienato dai giocatori stessi, espletando così quella che in Diritto è nota come “funzione nomofilattica”.
II - La Giurisprudenza
Gli RPG prevedono la presenza di un soggetto super partes, il Game Master, il cui ruolo è variato nel tempo: da creatore del mondo immaginario in cui il gioco si svolge e giudice delle controversie tra i vari giocatori, a mera voce narrante descrittiva delle regole e del contesto in cui ha luogo il gioco, fino a trovare in tempi recenti una equilibrata sistemazione nel mezzo delle prime due tendenze.
L’iter descritto è assimilabile in maniera a dir poco speculare a quello vissuto dai Giudici in Europa, con le dovute differenze di carattere temporale. Fino alla prima metà del XVIII secolo il Giudice applicava il Diritto interpretandolo e dispiegandolo con una certa libertà ed elasticità.
Con la Rivoluzione Francese, invece, l’attività del Giudice diventa meramente dichiarativa, esegetica (Montesquieu parla del Giudice come “bouche de la loi”), tendenza riassumibile nelle parole di Demolombe: “I testi prima di tutto”. Infine, la “irriducibile equità” di Hobbes prima, e l’“irriducibile interpretatio” di Portalis poi, riescono a rompere le catene del formalismo, sdoganando in una certa misura il Giudice dal Legislatore.
Il Game Master, allora, nel risolvere le controversie tra giocatori (o, come più spesso accade, tra giocatori e manuale) potrà e dovrà, ove necessario, fornire un’interpretazione delle regole, interpretazione che, proprio come quella del Giudice, potrà essere letterale, logica, teleologica e addirittura storica.
Come in tutti i sistemi normativi, anche i manuali degli RPG possono contenere due o più regole che risultino o appaiano in contrasto. Ebbene, la risoluzione delle antinomie viene operata ricorrendo agli stessi criteri di cui si serve il Giurista. Si farà così ricorso anzitutto al criterio cronologico (la regola più recente prevale su quella meno recente). Negli RPG questa ipotesi si verifica quando un regolamento viene modificato, o addirittura sostituito, da un regolamento nuovo.
Se, così facendo, non si perviene ad una soluzione, si ricorre al criterio di gerarchia (la fonte di rango più alto prevale), e nei giochi di ruolo essa è solitamente costituita da un insieme di regole base assolutamente inderogabili. Ancora, si fa ricorso al criterio di specialità (la fonte particolare prevale su quella generale). Di solito le regole particolari di un GDR sono quelle che afferiscono a specifici personaggi, spesso in deroga a regole di carattere generale sancite nel manuale di base.
Finora sono stati analizzati i punti di contatto tra la figura del Game Mater negli RPG e quella del Giudice nei sistemi di Civil Law. Esistono, tuttavia, alcune analogie anche in relazione al Giudice nei sistemi - di matrice prettamente anglosassone - di Common Law. In essi, com’è noto, il Diritto si basa non già su una serie di norme scritte, bensì sulle pronunce giurisprudenziali. Il ruolo della court è creativo della norma, e costituisce il “precedente vincolante” cui dovranno - secondo il principio dello “stare decisis”, e salvo ipotesi di overruling - conformarsi tutte le successive decision.
Ebbene, spesso il ruolo del Game Master coincide con quello del Giudice di Common Law.
Infatti, per quanto alcuni manuali siano giunti ad un livello di previsione e specificità casistica degno soltanto del famigerato Codice Prussiano, è assolutamente impossibile tipizzare ogni singolo fenomeno, ogni singola eventualità, e capita inevitabilmente che si verifichino eventi non previsti e quindi non specificamente disciplinati.
In tali circostanze, il Game Master assume un ruolo decisivo, egli infatti dovrà creare la regola facendo riferimento a quel senso di equity tipico del Diritto Anglosassone, e quindi non solo tenendo in considerazione le peculiarità specifiche del singolo caso, bensì applicando la regola, qualora vi fosse, in senso non rigido, ma temperato in considerazione del fine ultimo: divertirsi.
Spesse volte sono gli stessi manuali di gioco a prevedere che il Game Master assuma un ruolo creativo - tuttavia sempre in funzione suppletiva, quindi in assenza di una regola prevista nel manuale.
III - La Consuetudine
Il ruolo della Consuetudine nei giochi di ruolo è estremamente rilevante, e tale circostanza costituisce forse il maggior elemento di comunanza coi sistemi di Common Law. Ogni gruppo di giocatori, nel tempo, adotta un bagaglio più o meno ampio di house rules (“regole della casa”), che differiscono dalle regole ufficiali del gioco stesso. La creazione di house rules è prevista - e in taluni casi addirittura incoraggiata - dai progettisti di alcuni giochi, tanto che la stessa documentazione ufficiale del gioco contiene consigli e indicazioni per personalizzare le regole ufficiali.
Negli RPG, dunque, la Consuetudine non solo ha la forza di derogare alle regole ufficiali (contrariamente a quanto previsto dal nostro ordinamento giuridico), ma può addirittura crearne di nuove.
IV - La Dottrina
Col tempo il fenomeno delle house rules è andato diffondendosi, e se all’inizio l’adozione di regole home made era un fatto prettamente privato, con l’avvento di internet e la successiva nascita di siti web dedicati ai vari RPG, i giocatori hanno iniziato a pubblicare le proprie house rules, esponendole a un pubblico internazionale e potenzialmente illimitato.
Nel tempo sono sorti moltissimi forum online dedicati ai vari giochi di ruolo, e i giocatori hanno trovato in essi un luogo privilegiato di dibattito e confronto con altri giocatori, dando vita a vere e proprie community, al fine di correggere, ampliare e, ove necessario, sostituire, le regole ufficiali. Funzione, questa, in nulla dissimile da quella svolta dalla Dottrina in ambito giuridico.
Proprio attraverso questi mezzi, talune house rules sono diventate celebri a tal punto da risultare quasi altrettanto diffuse - se non più diffuse - delle regole originali, convincendo talvolta i creatori del gioco a rimpiazzare le stesse.
V - Conclusione
Dalla comparazione condotta emerge che i giochi di ruolo condividono coi sistemi giuridici lo scopo-mezzo - in quanto regolano le condotte dei soggetti sulla base di un insieme di regole che sono il prodotto dei formanti Legislativo, Giurisprudenziale, Dottrinale e Consuetudinario - ma non lo scopo-fine, che nei primi è squisitamente ludico-ricreativo.
È possibile, comunque, affermare che gli RPG siano assimilabili ai sistemi giuridici, in quanto ne condividono formanti e talune fondamentali meccaniche, divergendo da essi nel solo scopo-fine.
I giochi di ruolo, in particolare, cumulano sia elementi tipici dei sistemi di Civil Law, che elementi peculiari dei sistemi di Common Law, rientrando così nel genus dei sistemi misti.
Immagine: I maghi della visione, acquarello su carta.
Autore: Casimiro Piccolo