Giovani costruttori di pace: tante energie e pochi spazi

di Giovanni Ricci

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Sono passati tre anni da quando, in un mondo nel quale la parola pandemia era relegata ai libri di storia, in Cile la sommossa degli studenti portava il proprio sistema istituzionale ad essere radicalmente cambiato. Gli scontri di piazza sono stati raffreddati dall’avvento del covid e dal congelamento dei movimenti su scala globale. Ciò non ha comunque fermato una quasi-rivoluzione il cui impulso era partito proprio dai giovani cileni. Anzi, il movimento è stato capace di istituzionalizzarsi e presentarsi alle successive elezioni. Il bipartitismo post-Pinochet è stato bloccato dall’avvento di nuove formazioni politiche ed uno di quei ragazzi, che qualche anno fa era sotto il palazzo de la Moneda, è diventato il Presidente del Chile. Proprio un presidente cileno, circa 50 anni fa, sosteneva che “essere giovani e non essere rivoluzionari è una contraddizione perfino biologica”.

A undicimila chilometri di distanza, nel Sudan, i giovani hanno rappresentato la prima linea del movimento che da anni si batte per una transizione politica pacifica in un paese alla ricerca di pace. E ancora più ad Est, nel Myanmar sprofondato di nuovo nell’incubo della dittatura, i giovani birmani sono scesi in piazza, insieme ai lavoratori del settore sanitario, per opporsi al ritorno al potere dei militari in quel paese.

Ogni prospettiva di miglioramento non può escludere le giovani menti che animano una comunità politica. Ciò è tanto vero in Italia, dove la partecipazione giovanile alla politica è in continua diminuzione e a milioni di giovani fuorisede viene impedito di votare regolarmente. Ciò è tanto più vero in quei paesi nei quali la transizione verso la democrazia è un processo complesso e pieno di ostacoli. L’inclusione dei giovani nella vita sociale e politica di un paese è la precondizione per evitare che i bollenti spiriti di quella fetta di popolazione più carica di aspirazioni e aspettative, si riversino nelle strade carichi di violenza e veemenza rivoluzionaria.

Proprio per questo, lo scorso marzo, il Segretario del Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ha diramato un’informativa sul “Gioventù, Pace e Sicurezza” con il fine di scattare una fotografia su scala globale della condizione delle nuove generazioni e sul loro apporto nei processi di pace.

Può essere a tal proposito utile analizzare come il documento fornisca informazioni preziose analizzando la condizione delle nuove generazioni in relazione ad alcuni dei pilastri sui quali si basa la risoluzione ONU 2250/2015 sui giovani, la pace e la sicurezza.

Sul fronte della partecipazione si può affermare che, a livello globale, la crisi pandemica ha rappresentato uno spartiacque storico carico di sfide, minacce ed opportunità. Da un lato, infatti, la diffusione del covid-19 ha portato con sé una contrazione dello spazio politico garantito alle nuove generazioni. Dall’altro canto, la ricerca di nuove forme di connessione telematica imposta dalla pandemia ha permesso di aumentare la portata geografica delle iniziative sotto l’egida dell’ONU e ha permesso di porre in essere nuove forme di partecipazione politica creativa. Sebbene rimanga marginale, il coinvolgimento dei giovani nei processi di pace o nelle assemblee legislative dei vari paesi è aumentato: ne sono un esempio le missioni politiche speciali delle Nazioni Unite in paesi scossi da forti tensioni come Yemen e Libia, dove i giovani sono stati presi in considerazione, su supporti digitali, nei tentativi di dialogo volti alla pace. Per quanto riguarda invece l’effettiva partecipazione dei giovani ai processi politici istituzionali e democratici, intesa come partecipazione alle tornate elettorali e alle associazioni politiche, va tristemente evidenziato come la stessa sia in tendenziale diminuzione in tutto il globo, con particolare attenzione alle donne e alle minoranze, ancora più escluse dalle istituzioni e dal dibattito politico. Questa tendenza riflette la comune sfiducia che le giovani generazioni nutrono nei confronti di istituzioni percepite come incapaci di rispondere ai propri bisogni. Il documento si sofferma a più riprese sul ruolo dei giovani nella mobilitazione a favore dell’ambiente: i cambiamenti climatici impattano fortemente sulla sicurezza e sulle società in ogni angolo del mondo. Sono proprio le nuove generazioni, le stesse che rischiano di subire nel loro futuro le conseguenze di uno sfruttamento scellerato delle risorse del pianeta, a portare in primo piano le tematiche legate alla protezione della Terra e ad un modello di crescita sostenibile.

Sotto l’aspetto della protezione, i giovani continuano ad essere le prime vittime di quei regimi che non consentono la libera partecipazione dei giovani alla vita politica. Il documento del Segretario delle Nazioni Unite evidenzia come i giovani, ed in particolare le giovani donne, siano stati ripetutamente vittime del cambio di regime in Afghanistan dopo il ritiro della coalizione internazionale. In quanto prima linea dei movimenti di protesta, i giovani hanno subito un alto numero di violenze in diversi paesi, ma si sono comunque attivati per continuare a manifestare il proprio dissenso: un caso particolare è quello delle giovani costruttrici di pace colombiane, le quali hanno adottato un protocollo di sicurezza da seguire per poter manifestare in sicurezza in quel paese. Va inoltre evidenziato che la violenza verso le giovani generazioni, ed in particolare verso le minoranze e le donne, non si limita alle strade. L’impennata post-pandemica di casi di violenza domestica o di violenza on-line è un fenomeno su scala globale con il quale le istituzioni nazionali ed internazionali dovranno fare i conti nei prossimi anni. A tal proposito, le Nazioni Unite si sono fatte promotrici di diverse iniziative per proteggere i giovani da questi rischi. In Mali, la missione MINUSMA ha protetto migliaia di ragazze e ragazzi in apposite strutture, mentre continua il supporto tramite UNICEF e Fondo per il Consolidamento della Pace per supportare le organizzazioni che offrono supporto psicologico ai giovani che vivono in zone critiche.

Con particolare attenzione all’area del Mediterraneo, giovedì 24 novembre si terrà presso l’Università degli Studi Link l’evento “Youth, Peace and Security: a new challenge for Mediterranean area”. L’iniziativa, organizzata insieme all’Univesity of Jordan, Unimed e GeoHub, andrà ad approfondire, in un primo panel, il tema della mobilitazione giovanile a favore della democrazia, dei diritti umani e della sostenibilità. Successivamente, il secondo panel andrà ad analizzare il ruolo dei giovani nella politica, con particolare attenzione al contributo durante le primavere arabe e ai metodi di inclusione delle nuove generazioni nei processi di riforma.

L’iniziativa inaugura la collaborazione fra l’Università romana e l’Ateneo giordano e rappresenterà un’importante occasione per riflettere sull’evoluzione del rapporto fra giovani e politica sulle diverse sponde del Mediterraneo.