Mozambico: tra grab landing e terrorismo
di Mattia Paterlini
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“Il terrorismo rappresenta una minaccia globale. Nessun Paese può essere considerato completamente esente dal rischio di episodi ricollegabili a tale fenomeno. Dall’ottobre 2017 nella Provincia settentrionale di Cabo Delgado è in atto una insurrezione armata ad opera di un sedicente gruppo islamico (Ahlu Sunna Wa-Jama o altrimenti detta Al- Shabaab) che le forze di sicurezza locali non sono ancora riuscite a controllare. Alcuni centri abitati sono in mano agli insorti ( i maggiori Mocimboa da Praia e Palma ) e una gran parte delle rotabili è esposta ad attacchi armati. Il centro abitato del capoluogo della Provincia, Pemba, può essere ancora considerato relativamente sicuro.”
Così inizia la relazione aggiornata al 13 maggio 2021 da Viaggiare Sicuri, rubrica del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
L’insurrezione armata alla quale fa riferimento il Ministero degli Esteri nacque sul finire del 2017 quando nella provincia settentrionale di Cabo Delgato si iniziarono a registrare una sempre più numerosa serie attacchi armati atti da milizie locali. Inizialmente si ritenne che queste azioni fossero dovute all’estrema povertà della regione. La quale seppur ricca di giacimenti non genera redistribuzione economica nell’area, che pertanto rimane soggetta al fenomeno della povertà estrema. Tuttavia questi attacchi vennero rivendicati, in un secondo momento, dal gruppo armato Ahlu Sunna Wa-Jama che giurò fedeltà al ISIS nel 2019.
Dall’inizio dell’insurrezione secondo gli studi di “Armed Conflict Location & Event Data Project” più di 2’000 persone sono morte. Oltre la metà di queste vittime erano civili locali sui quali, purtroppo come sempre, ricade la maggior parte del peso del conflitto. Amnesty International inoltre ha riportato di come il conflitto abbia provocato un gran numero di sfollati interni al paese, in fuga dalla disputa, stimati sulle circa 400’000 unità.
La situazione tuttavia ha subito una svolta esplosiva sul finire del 2020. L’Ufficio ONU per i Diritti ha riportato di come oltre 14’000 civili siano scappati dalla regione tra la metà di ottobre e di novembre, cercando rifugio via mare nel capoluogo Pemba. Nonché attorno alla metà novembre vennero presi di mira una serie di villaggi nella regione che portò alla decapitazione e sventramento di oltre 50 civili, oltre che il rapimento di un numero imprecisato locali.
Tuttavia il massacro viene perpetuato da entrambe le parti coinvolte nel conflitto. Nel settembre 2020 Amnesty International ha riportato di come il Governo di Maputo stia utilizzando la tortura come mezzo per estorcere informazioni a possibili terroristi. Nonché truppe governative siano state viste ammassare cadaveri in fosse comuni. I corpi sotto accusa da Amnesty sarebbero il Mozambique Armed Defence Forces (FADM) e la Rapid Intervention Unit (UIR) in capo alla polizia mozambicana. Sia la polizia che il Ministero della Difesa tuttavia hanno rigettato le accuse.
É da ascrivere all’esacerbarsi del conflitto durante il novembre 2020 la ratifica di un memorandum di intesa tra Mozambico e Tanzania per coordinare gli sforzi dediti alla lotta verso il gruppo terroristico Ahlu Sunna Wa-Jama. Tale accordo ha permesso l’estradizione di 516 combattenti dalla Tanzania verso il sud del Mozambico, area sotto pieno controllo governativo.
Il mattanza non si è tuttavia fermata. Nel pomeriggio del 24 marzo 2021 una milizia ben armata ed organizzata di circa 100 uomini ha preso il controllo di Palma. La città situata al confine settentrionale con la Tanzania, risulta vitale per l’economia del Mozambico in quanto nel sottosuolo risiedono enormi giacimenti di gas naturale che, attraggono investimenti stranieri. Ciò ha fatto si che nella città si sia concentrato un elevato numero di stranieri, occidentali per la maggior parte, inviati dalle Compagnie per lavorare nei campi d’estrazione e lavorazione. Molti degli occidentali hanno trovato rifugio, per ben tre giorni consecutivi, nelle strutture alberghiere sorte di recente nella città, difesi solamente dalla Private Military Companies ingaggiate dalle imprese d’estrazione. Dopo tentativi di estrazione vi terra, resi impossibili dall’elevata presenza di ribelli, i civili sono stati portati in salvo via aria grazie all’intervento della Dyck Advisory Group, compagnia sudafricana, ingaggiata dal Governo mozambicano. Dozzine sono stati i caduti, soprattuto militari del FADM e civili inermi, tra cui alcuni occidentali. Ciò in quanto Ahlu Sunna Wa-Jama prima di iniziare l’attacco riuscì ad infiltrarsi in città mescolandosi tra la popolazione e colpendo poi alle spalle le forze di sicurezza.
A seguito degli scontri la francese TOTAL ha deciso di sospendere il suo investimento di 20 miliardi di dollari per la costruzione di un’impianto d’estrazione, nell’area di Palma, fintanto che la situazione non si sarà stabilizzata.
Al contrario ENI non pare sospendere l’attività nell’area. L’azienda e l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) in Mozambico, hanno firmato a metà di marzo a Maputo un protocollo d’intesa per l’identificazione di possibili opportunità di collaborazione nei settori dell’educazione e formazione tecnica, sicurezza alimentare e nutrizione, salute, accesso all’energia e diversificazione economica con particolare riferimento all’agricoltura. Ricordando come ENI abbia particolari interessi nell’area nord del paese. Partecipazioni tuttavia preservate dal conflitto trovandosi localizzate principalmente nei pressi della città di Pemba, ed a largo delle coste.
In ultima analisi, nonostante il gruppo Ahlu Sunna Wa-Jama abbia giurato bayʿa al ISIS, vari analisti ritengono che essa sia stata più che altro una mossa di tipo commerciale. La reale lettura del fenomeno terroristico nell’area dovrebbe quindi essere letta come risposta locale al grab landing che da alcuni anni interessa la regione. Secondo quest’ottica, virtuosa deve essere vista l’azione di ENI in quanto atta a ridistribuire in loco parte dei proventi derivanti dall’usufrutto del sottosuolo. Si ritiene che grazie ad un coinvolgimento della popolazione nel processo di arricchimento, quest’ultima possa tornare a godere di un clima di pace e stabilità. Sfuggendo dal fenomeno della povertà estrema, che viene utilizzato oggi come principale causa del proselitismo terroristico.
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Credit: Al-jazeera