L’anima ciclica cilena
di Juan Felicioni
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Con poche righe, Eduardo Galeano nel suo libro “Le vene aperte dell’America Latina”, descrive perfettamente una parte sostanziale del XX secolo del Cono del Sud:
“Nel nostro secolo, la crescita industriale dell’America Latina è stata mossa dall’esterno. Non è stata determinata da una politica pianificata, tesa allo sviluppo nazionale (…)”
Proprio il Cile, essendo uno dei paesi latinoamericani più ricchi, soprattutto per le sue risorse minerarie come il rame, è sempre stato di forte interesse per l’economia statunitense, tutt’ora suo principale cliente per le esportazioni.
Lungo il XX secolo, gli interessi degli americani influenzarono l’economia, e soprattutto la politica, sostenuti da una classe dirigente conservatrice.
Nonostante qualche episodio di vittoria politica da parte delle sinistre cilene, i più numerosi governi conservatori e anche quelli militari (golpisti), perpetuarono la dipendenza del paese e la sua situazione di periferia nei confronti delle ideologie e degli investimenti americani.
Questa dipendenza rafforzò, ciò che viene definito lo “zoccolo duro dell’America Latina”, ovvero i forti problemi di disuguaglianza socio-economica.
I disagi economici che molti abitanti vivevano, nel tempo, diedero nuova forza e vigore ai partiti di sinistra. “A differenza di quanto avveniva negli altri paesi latino-americani la lotta di classe si tradusse in conflitti politici-elettorali e non sociali.” (scrive Marta Vignola nel suo studio sul Cile) che dopo numerose sconfitte, gradualmente meno significative, portarono al governo il Partito Socialista di Allende.
Malgrado le politiche sociali e antiamericane e la crescita nel primo anno del suo governo, la situazione economica non migliorò negli anni seguenti, e il ciclo della storia cilena continuò a ripetersi, portando con un golpe il generale Augusto Pinochet al governo, pronto a rinstaurare la mano americana nelle istituzioni cilene e avviare le politiche neoliberiste da loro volute.
L’era del dittatore cileno finì anch’essa per motivi sociali ed economici, avviando, dagli anni ’90 in seguito alla sua caduta, la transizione democratica del paese.
Processo che si avviò su tutta l’America Latina, con differenze da paese a paese, per vari fattori come soprattutto la legittimità delle istituzioni politiche.
Con l’inizio del millennio, si ebbe in tutta la regione sudamericana una svolta politica verso sinistra. A differenza di alcuni territori dove per diversi contesti si instaurarono sinistre populiste, il Cile fu caratterizzato invece da una sinistra riformista abbastanza moderata.
La prima decade non fu importante solo per il cambiamento politico, ma anche per la forte crescita della regione, giudicata diversa da quelle del passato grazie “ai criteri opposti a quelli ideologici”, che portò il Cile ad essere uno dei paesi più prestigiosi per gli investitori.
Durante le crisi e le varie recessioni mondiali, il Cile si mantenne in piedi, rimanendo ad oggi uno dei paesi più ricchi dell’America latina.
Ricchezza che però non fu accompagnata da politiche in grado di risolvere alla radice i problemi di iniquità del paese. Nonostante un miglioramento dagli anni ’90, con un seguente rallentamento intorno al 2013, il suo coefficiente Gini (misura della diseguaglianza di una distribuzione, in questo caso il reddito) che va da zero (perfetta uguaglianza) e 1 (estrema disuguaglianza) oscilla tra lo 0,48 e 0, 50 su una popolazione attualmente di 18 milioni circa.
LA NUOVA RIVOLTA
I conseguenti disagi si sono trasformati in rivolta lo scorso 14 Ottobre del 2019 contro l’aumento del costo del biglietto della metropolitana. Evento detonante di problemi ben più gravi: la rabbia dei protestanti riguardava (già da tempo) la richiesta di un miglior welfare state, istruzione pubblica, servizio sanitario e anche la richiesta di redazione di una nuova Costituzione (programmata per l’anno in corso) che sostituisca quella vigente, figlia del periodo dittatoriale del 1980.
In pochi giorni, alcune delle proteste, per la maggior parte pacifiche, si fecero più cruente, tanto da portare all’occupazione e distruzione di alcune fermate della linea metropolitana, fiore all’occhiello del paese.
In risposta, il presidente Piñera decretò il 19 Ottobre lo Stato di Emergenza, schierando i militari nelle strade al sostegno delle forze dell’ordine. Poco dopo instaurò anche il coprifuoco.
La vista dei militari per le strade riporta alla memoria di molti cileni, e non solo loro, gli anni bui della dittatura del generale Pinochet, e anche nella fazione opposta, la paura degli attacchi ai luoghi religiosi, come quello di novembre al Tempio di San Francisco de Valdivia.
Memoria che porta in sé ferite mai chiuse, per cui si richiede giustizia ancora oggi, e che nessuno intende dimenticare, come proprio il generale già deposto consigliava al fine di progredire come paese.
Malgrado gli sforzi fatti dal governo nei giorni a seguire per placare gli animi (ritirò l’aumento del prezzo del biglietto, cambiò 8 ministri, ritirò il coprifuoco e pattò con l’opposizione per la redazione di una nuova Costituzione) le proteste ancora oggi continuano.
Si denuncia la violenza dei Carabineros de Chile e violazione dei diritti umani, investigata da parte di una missione inviata dall’ex Presidente del Cile Michelle Bachelet, ora Alto commissario del Consiglio ONU per i diritti umani.
CONCLUSIONI
In conclusione, ad alcuni la situazione attuale del Cile potrà non sembrare una sorpresa, ma semplicemente il ritorno di un ciclo che il paese ha percorso numerose volte, sperando che non si concluda con eventi estremi come l’ennesimo golpe o l’arrivo di una sinistra populista che tanto male sta facendo (e ha già fatto) ai Venezuelani.
Il 2020 sarà quindi, un anno chiave per il Cile sia in ambito politico che economico.
Il primo, di maggiore importanza dato che influenza inevitabilmente anche l’economia, vedrà come passaggio decisivo, la redazione della nuova Carta Magna, e delle seguenti politiche del Governo per risolvere la crisi sociale. Saranno mesi difficili, dove sarà messa a dura prova la tenuta democratica del paese e la legittimità delle istituzioni.
In ambito economico, il paese uscito dalla dipendenza americana del XX secolo, ora si trova alle dipendenze di un mondo globalizzato, difficile da prevedere, regolare e gestire a livello sociale.
Ma una cosa la storia del Cile ci ha insegnato: gli eventi socio-economici sono ciclici, e anche se sono cambiati i presupposti insieme al panorama internazionale, questi sono sempre terminati con la vittoria netta di una delle parti coinvolte, non importa con che mezzi. L’augurio è che il popolo andino possa trovare finalmente la strada giusta e fare da esempio ai suoi vicini di casa.
Bibliografia:
- Loriz Zanatta – “Storia dell’America Latina contemporanea”, Editori Laterza
- Marta Vignola – “L’America Latina tra sviluppo, dipendenza e diritti umani: il caso Cile”, Besa
- Eduardo Galeano – “Le vene aperte dell’America Latina”, Sperling & Kupfer
- Internazionale con The Economist – “Il mondo in cifre 2020”
- https://latinoamericapiensa.com/acuerdo-negociacion-por-una-nueva-constitucion-en-chile/21031/
- https://www.agi.it/estero/cile_proteste_ragioni-6461916/news/2019-10-31/
- https://data.worldbank.org/indicator/SI.POV.GINI?locations=CL&name_desc=false
- https://www.cepal.org/es/comunicados/cepal-la-region-ha-subestimado-la-desigualdad
Immagine: La marcha más grande de Chile, en Santiago, 25 de octubre de 2019
Autore: Warko
CC BY SA