Iraq: scenario interno e politica. Tra passato, presente e futuro
di Mattia Paterlini
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Sono ormai lontani gli anni nei quali il partito Ba’th deteneva il potere, pressoché assoluto, in Iraq. Che con le sue politiche socialiste, imperniate di una filosofia di fascismo arabo perseguite dal rais Ṣaddām Ḥusayn, soggiogava la maggioranza della popolazione nazionale, a favore della minoranza sunnita.
Il movimento Ba’thista di Saddam possedeva forti connotazioni riconducibili al socialismo arabo di sinistra. La sua ala più intransigente da ascrivere al comunismo laico avrebbe voluto, in linea teorica, puntare all’eliminazione della religione, o comunque ad un suo ridimensionamento della stessa all’interno della società. Seguendo i dettami dell’ideologia.
Tuttavia, Saddam, rendendosi conto del contesto nel quale avrebbe dovuto declinare tale dottrina, concepì che ciò sarebbe risultato impossibile. E così anziché eliminare la religione dalla vita socio-politica degli iracheni il rais ne fece elemento di divide et impera. Ciò permise alla minoranza sunnita di detenere le principali cariche politico militari durane tutto il mandato presidenziale di Saddam, ovvero dal 1979 al 2003. Avvantaggiando inoltre coloro che si erano allontanati dall’Islam, a discapito ovviamente della maggioranza della popolazione.
All’oggi si palesano tutte le inefficienze messe in atto dalla politica ba’thista. La politica del regime del divide et impera ha portato a, e riflette oggi, forti differenze in seno alla società di carattere etnico e religioso.
Secondo il World Factbook della CIA oggi la popolazione del paese ammonta a quasi 40 milioni di individui. Ai quali deve essere attribuita una differenziazione per religione ed etnia: gli arabi ammontano al 75-80%, i Kurdi al 15-20%, ed i restanti gruppi etnici al 5%. Mentre sul versante religioso i musulmani ammontano al 95-98%, di cui gli sciiti rappresentano il 64-69%, i sunniti il 29-34%, ed il restante 1% è occupato dai cristiani. In netta diminuzione dopo la guerra del 2003 e l’avvento del Daesh nel 2013.
Inizialmente, a seguito dell’invasione americana del paese, le differenze etniche vennero assopite dalla presenza di un nemico comune reo di aver distrutto l’assetto militare, sociale ed organizzativo dello stato. In un secondo momento, alla comparsa dei processi democratici di governo tali divisioni etnico-religiose esplosero sulla scena politica. Differenze che vennero altresì alimentate dall’onnipresente confinante Iran, che nel distrutto contesto sociale iracheno vide gioco-facile nell’indirizzamento ed organizzazione socio-militare della popolazione di origine araba sciita. Al fine di creare un governo proxy di Teheran nel paese limitrofo, sfruttando il peso della componente sciita in seno alla società.
Le prime elezioni libere e democratiche, tenutesi sotto l’egida statunitense, si svolsero nel gennaio del 2005 ed erano volte alla creazione di un’Assemblea costituente. A riprova delle differenze settarie i maggiori partiti sunniti, usciti sconfitti dal conflitto con gli americani, invitarono i propri elettori a disertare le elezioni lasciando di riflesso uno spropositato margine decisionale alla maggioranza sciita ed alla componente curda. Questi diedero vita ad una costituzione federale generando un cambio di regime radicale rispetto agli anni di governo di Saddam
L’astensione al voto sunnita venne susseguentemente ritirata in vista della seconda tornata elettorale, nel dicembre dello stesso anno. Elezione che vide pertanto un’elevata affluenza di tutte le componenti etniche. In forza della maggioranza sociale gli sciiti ottennero comunque oltre il 40% dei seggi parlamentari e garantirono la nomina a Primo ministro a Nouri Al Maliki, grazie ad un accordo tra sciiti e curdi.
L’osservazione della distribuzione dei voti nei distretti rende chiara la non omogeneità religiosa della popolazione nella distribuzione sul territorio nazionale. Divisione che risulterà essere centrale per i successivi risvolti politici e sociali del paese che avranno luogo dal collasso del paese nel 2013.
Di seguito la distruzione di voti dei maggiori partiti delle rispettive componenti etnico-religiose, presentatisi alle elezioni del 2005:
- United Iraqi Alliance, che rappresentava la coalizione dei partiti sciiti ed era sostenuta dall'ayatollah Ali al-Sistani, il più anziano religioso sciita in Iraq
- L'Alleanza del Kurdistan, che era una coalizione elettorale formata da due principali partiti curdi, il Partito Democratico del Kurdistan (KDP) e l'Unione Patriottica del Kurdistan (PUK)
- L'Iraqi Accord Front, coalizione contenente partiti dominati dai sunniti, e l’Iraqi List: a sua volta coalizione di politici laici sciiti.
Nel frattempo, la situazione interna andava a catafascio. La coalizione internazionale si trovava sotto un fuoco incrociato: da una parte attaccata da formazioni sunnite costituite da gruppi di al-Qaeda, gruppi salafiti e formazioni Ba’thiste. Dall’altro lato veniva colpita da formazioni sciite fedeli a Mullah Muqtada al Sadr, fortemente avverse all’occupazione americana ed alla nuova costituzione federale. Senza contare di come tutte queste formazioni armate si facessero la guerra tra loro per l’ottenimento del potere. Lotta di “liberazione” e guerra civile mai, tuttavia, entrata nella logica del genocidio nei confronti della popolazione, irrazionalità che aveva sconvolto il mondo nel decennio precedente e che non avrebbe fatto altro che aumentare le truppe occidentali sul suolo.
Nello scenario internazionale la coalizione non se la passò meglio. Bush figlio non riuscì ad ottenere il supporto da parte degli Stati dal Golfo, che invece ottenne il padre durante la Prima Guerra del Golfo, in virtù della dichiarata violazione di sovranità nazionale dell’Iraq sotto Saddam, per quanto il regime si presentasse scientificamente tirannico. Nonché perché questi stati temevano che una destabilizzazione dell’area, portata in essere dall’occupazione americana, portasse ad un’ascesa socio-politica della componente sciita, a gioco-forza dell’Iran.
Nonostante un’alterazione dell’arco partitico nel 2010 furono sempre gli sciiti a vincere le elezioni grazie ad un’alleanza tra i due partiti, National Iraqi Alliance & The State of Law Coalition, che ne rappresentavano la popolazione. Riuscendo così a riconfermare Nouri al-Malikicome Primo Ministro. Le frizioni però si presentarono più forti rispetto che in passato a causa dal fatto che il partito Movimento Nazionale Iracheno - coalizione tra sciiti e sunniti- ottenne più seggi in parlamento. Che tuttavia non furono sufficienti ad assicurargli la maggioranza.
Anche alle elezioni del 2014 gli sciiti ottennero la maggioranza dei seggi parlamentari, sommando le votazioni ottenute dai differenti partiti. Tuttavia, al-Maliki dovette cedere il posto a Ḥaydar Jawwād al-ʿAbādī a seguito di forti pressioni internazionali ed interne alla coalizione The State of Law Coalition, al quale entrambi i politici appartenevano.
Le elezioni del 2018 seguirono il periodo di grave crisi interna per il paese contrassegnata dall’ascesa e dalla caduta del Daesh. Presenza che devastò il paese sia dal punto economico che sociale dagli anni 2014 al 2017. Gli anni bui della guerra civile non scalfirono la preminenza dei partiti sciiti alla guida del paese nonostante una sempre maggiore frantumazione interna, tant’è che si contarono cinque partiti ad estrazione sciita alle elezioni di quell’anno. Adil Abdul-Mahdi, sciita, venne nominato Primo Ministro.
Nel 2019 si svilupparono diverse proteste nel paese che portarono alla caduta del Governo all’acquiescenza del parlamento verso la volontà popolare di revisione della legge elettorale. Importante ricordare come le manifestazioni di piazza siano state sedate grazie all’intervento di milizie sciite, collegate all’Iran. La popolazione chiedeva la fine della divisione settaria nella distribuzione delle cariche elettorali, che fino al allora erano state così suddivise tra le etnie presenti nello Stato:
- Presidente: curdo
- Primo ministro: sciita
- Speaker: sunnita
Giunti ad oggi le ultime elezioni, 10 ottobre 2021 hanno visto trionfare nuovamente la maggioranza sciita. Tuttavia, essa risulta essere profondamente divisa in due partiti maggiori che vedono contrapporsi il movimento di Muqtada al-Sadr’s e Fateh. Entrambi riceventi un numero simile di votazioni. Anche se a seguito della modificazione della legge elettorale i sadristi hanno avuto nettamente la meglio in termini di seggi. Discrepanza che non ha tardato ad accendere le manifestazioni di piazza da parte degli sciiti di Fateh, che hanno acclamato forti brogli elettorali. Proteste che presto sono diventate violente nella Green zone di Baghdad.
Al-Sadr’s, in forza della maggioranza relativa ottenuta, ha rivendicato di voler ripulire le istituzioni e la politica nazionale dalla corruzione, nonché di volersi allontanare dall’ingerenza di Teheran. Manifestatasi susseguentemente gli spogli elettorali con un fallito attentato, tramite droni kamikaze, verso Mustafa al-Kadhimi. La minaccia non è andata a buon fine in quanto il Primo Ministro è riuscito a sopravvivere, nonostante sei guardie del corpo risultino esser state ferite nell’attacco. Dichiarazioni riportano l’atto essere stato compiuto da milizie sciite collegate all’Iran. Probabilmente in risposta alle dichiarazioni di brogli sollevate dalle piazze colme di malcontento dei simpatizzanti di Fateh.
All’oggi un governo non è ancora stato formato. Una delle ipotesi è che i recenti sviluppi possano portare alla creazione di una storica coalizione di governo tra sciiti e sunniti. Uniti in funzione di allontanamento verso l’influente vicino iraniano dalla politica interna del paese. In quest’ottica al-Sadr’s ha già espresso il suo endorsement all’attuale Primo ministro Mustafa Al-Khadhimi, grazie alla sua posizione super-partes nello scenario partitico.
Tuttavia, la forza coercitiva di Fateh non è trascurabile, come dimostrato dal recente attentato. Pare che il partito abbia già intrattenuto contatti sia con il PUK che con lo State of Law Coalition in funzione di emarginazione della componente sadrista.
Bibliografia
- https://www.cia.gov/the-world-factbook/countries/iraq/#people-and-society
- https://www.economist.com/news/2005/12/19/iraq-takes-another-step-down-a-long-hard-road
- https://storymaps.arcgis.com/stories/b287848e17874c0a8d65849e64af4566
- https://www.linkedin.com/posts/mattia-paterlini-bb886b1b4_tesi-triennale-activity-6865377252474011648-5CX-
- https://www.chathamhouse.org/2021/10/explaining-iraqs-election-results
- https://www.aljazeera.com/news/2021/10/27/independent-body-to-give-verdict-on-iraq-election
- https://www.aljazeera.com/news/2021/11/5/iraq-protesters-take-to-the-streets-and-clash-with-police
- https://www.reuters.com/world/middle-east/drone-attack-targets-iraq-pm-who-escapes-unhurt-iraq-military-2021-11-07/
- https://www.usip.org/publications/2021/10/iraqs-election-raises-more-questions-answers
- https://ecfr.eu/article/iraq-election-how-a-failed-assassination-attempt-could-break-the-political-deadlock/
- https://shafaq.com/ar/Iraq-News/Including-al-Kadhimi-al-Sadr-proposes-four-names-for-the-Prime-Ministry
- https://idsa.in/issuebrief/new-government-in-iraq-challenges-ahead-naga-pushpa-151121