Donne e lavoro: progetti, risorse e strategie del PNRR per l’occupazione femminile
di Marita Langella
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"Anche quando lavorano, le donne risultano più penalizzate rispetto agli uomini, a partire dallo stipendio percepito e dalla precarietà lavorativa", Questo è quanto si legge nella classifica del Gender Equality Index dello European Institute, che colloca l'Italia in quattordicesima posizione rispetto agli altri Paesi europei in fatto di occupazione femminile. Il dato rileva infatti che il tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro è del 53,1%, rispetto alla media europea che è pari al 67,4%, e a questo si aggiunge l'ampio divario di genere che era quasi del 20% prima dell'arrivo della pandemia. Dunque nel mondo femminile si lavora meno, con retribuzioni inferiori agli uomini e in posizioni professionali meno prestigiose nel pubblico come nel privato.
Questo gap ha bisogno di interventi assistenziali mirati, quelli che l'economista Andrea Ichino pensava di racchiudere in una gender tax, che crei i presupposti per ripensare a un mondo del lavoro inclusivo e paritario. È un divario non facile da colmare quello che trova spazio nelle pagine del PNRR e che parte da un'evidenza culturale per la gestione delle politiche di genere, alla ricerca "della cura" da trovare per abbattere vecchie barriere precostituite. Quando si parla al femminile si pensa proprio al verbo "curare" associato al contributo portato dalle donne in ambito domestico e all'interno delle comunità, considerate mamme protettive e solidali, altruiste e dedite ai bisogni della famiglia e perciò ancora relegate al ruolo domestico.
Eppure gli sforzi del governo attraverso il Dipartimento per le Pari Opportunità, si allinea alla Strategia europea per la parità di genere 2020-2026, che l’Italia intende recepire per correggere le asimmetrie fin dall'età scolastica.
Dal reclutamento nella PA, al lavoro agile per trovare una sintesi tra vita privata e ambizioni professionali, dal rilancio di settori a forte presenza femminile come quello turistico e culturale, fino alla definizione di un piano di asili nido, che arrivi a coprire la media europea pari al 33%, il PRNN definisce obbiettivi ambiziosi. Nell'ambito delle politiche per il lavoro infatti su 6,66 miliardi di euro, 410 sono impegnati in progetti di imprenditoria femminile, valorizzazione delle infrastrutture sociali per alleggerire il carico delle attività di cura che grava sulla componente femminile e rafforzamento dei servizi di supporto e assistenza domiciliare.
E poi va affrontato un aspetto di carattere sociale che esula da quello economico contemplato nel piano, e che afferisce al coinvolgimento diretto degli uomini nelle mansioni femminili, come il rafforzamento del congedo di paternità, che di recente pur avendo portato l’Italia in linea con gli standard europei dei 10 giorni, è materia che interessa quasi esclusivamente le donne.
Mentre l'Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che a livello globale sia andato perso il 4,2% dell'occupazione femminile tra il 2019 e il 2020, l'UE continua a puntare sulle politiche di genere come "valore fondamentale dell'Unione europea" si legge, e a battersi per inclusione, equità e lotta alle discriminazioni. Purtroppo le statistiche raccontano un'altra realtà e cioè che alle donne vengono precluse certe posizioni in ambito politico e imprenditoriale, guadagnando in media ancora il 16% in meno rispetto alla componente maschile in tutta l’UE, mentre ancora troppo spesso sono vittime di molestie e violenze diffuse.
Per questo la Commissione lavora in diversi ambiti che vanno dal contrasto alla disoccupazione femminile, agli ostacoli alla partecipazione al mercato del lavoro, alle interruzioni di carriera e le promozioni più lente. Il principio della parità retributiva è sancito nei trattati dell'UE e nella legislazione in materia di parità di genere nel mercato del lavoro, ma è evidente che la sfida rimane la sua applicazione nei Paesi membro.
Ritornando nel panorama italiano il premier Draghi forte dei valori europei, ha da subito introdotto il tema della parità di genere nella sua agenda politica, confermando a giugno scorso che entro il 2026 saranno investiti 7 miliardi di euro per migliorare la situazione lavorativa delle donne e aumentare le loro posizioni di responsabilità. Peccato però che il 57% delle risorse del Recovery Fund sarà dedicato in parte alla transizione ecologica e digitale, all'innovazione tecnologica, ambiti in cui le donne stentano a trovare occupazione. Sono solo il 18% le laureate italiane che hanno scelto materie Stem(scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), quelle che consentono una più facile e immediata collocazione.
Come si apprende dal report di Credit Suisse "Women and work" circa il rischio che ancora troppe donne non riescano a raggiungere le stesse prerogative maschili, si tratta di investire su politiche di upskilling e reskilling per permettere loro di cogliere opportunità di sviluppo professionale e sociale al pari degli uomini. Bisogna insistere però sull'aspetto culturale, etico e morale che è alla base di una concezione egualitaria del mondo femminile, perché in gioco c'è la spartizione delle risorse, la gestione del potere e la divisione dei ruoli all'interno delle società moderne.
Bibliografia
- Il Sole 24 ore (Monica D’Ascenzo)
- Informazione Fiscale (Rosy D’Elia)
- https://op.europa.eu/webpub/com/factsheets/women/it/
Immagine: Working Family
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