Crisi in Argentina: questa volta è politica (ed interna al peronismo)
di Giovanni Ricci
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Nelle ultime settimane l’Argentina è stata in piena crisi di governo, cosa che può apparire piuttosto strana per un sistema politico presidenziale. Infatti, a traballare non è stato il rapporto di fiducia con il Parlamento, inesistente secondo la Costituzione argentina, bensì gli equilibri interni al peronismo, eterogenea forza politica al governo dal 2019.
Le elezioni presidenziali di quell’anno videro il trionfo, dopo i 5 anni del mandato di Maurizio Macri, dell’avvocato Alberto Fernández, esponente dell’ala moderata del Partito Giustizialista.
Da allora, il nuovo inquilino della Casa Rosada si trova a confrontarsi con le ‘solite’ sfide della nazione latinoamericana, fra le quali incalza un’instabilità economica perenne e peculiare (tanto da far pronunciare al Nobel per l’Economia, Simon Kuznets, la celebre frase “ci sono quattro tipi di paesi: sviluppati, in via di sviluppo, Giappone e Argentina”). Ad aggravare problemi storici quali disparità sociali e insicurezza è giunta la pandemia, la quale ha avuto sul paese un impatto durissimo: nel 2020, l’Argentina ha perso il 9,9% di PiL e ha visto schizzare il tasso di povertà che oggi si attesta al 48%; attualmente presenta un tasso d’inflazione annua del 48% (secondo nel continente solo al Venezuela) e prospettive di recupero dallo shock pandemico fra le più lente del mondo.
La recente crisi politica è stata provocata dal risultato delle elezioni PASO di questo settembre (una sorta di primarie mid-term) per il rinnovo dell’assemblea legislativa. La fazione governativa ha perso in 14 delle 27 province argentine, inclusa Buenos Aires, storica roccaforte del peronismo. Alberto, come in genere viene chiamato il Presidente dai cittadini e dalla stampa locale, ha probabilmente pagato lo scotto di una discutibile gestione della pandemia (fra le varie iniziative, l’imposizione del lockdown più lungo del mondo), dell’economia (restrizioni sul cambio, ristrutturazione del debito estero) e di una fase del ciclo economico-politico piuttosto drammatica.
La stoccata al gabinetto di Alberto è arrivata dalla fazione politica vicina all’attuale vicepresidente Cristina Kirchner, figura centrale nella politica argentina. Moglie dell’ex-presidente Nestor Kirchner, a sua volta presidente per due mandati consecutivi, Cristina è oggi in carica come vicepresidente della nazione e presidente del Senato, nonché leader indiscusso della fazione del peronismo intransigente. Il faticoso accordo per designare lo sfidante di Mauricio Macri nel 2019 fu simbolo del riavvicinamento fra le diverse anime del peronismo: così, al ‘moderato’ Alberto ottenne la Presidenza, mentre all’intransigente Cristina spettò la vicepresidenza come simbolo di continuità.
Questa tregua interna si è rotta con la consegna delle dimissioni da parte dei ministri filo- kirchneristi presenti nel gabinetto Fernández. In una lunga lettera dai toni passivo-aggressivi, la Kirchner ha attaccato pubblicamente l’attuale titolare dell’esecutivo, secondo lei colpevole di aver messo in ruoli-chiave “funzionari che non funzionano” e di non averle dato ascolto per quanto riguarda la gestione dell’economia, della pandemia e dei problemi sociali.
Sullo sfondo della crisi, il dibattito politico e giornalistico ha dato luogo ad una pletora di speculazioni: c’è chi sostiene che sia in atto uno “scollamento fra governanti e governati” che ha avuto un impatto decisivo sulle elezioni e sulla galassia peronista. Secondo alcuni, l’azione del governo è stata più attenta al debito con il FMI che non ai programmi sociali; altri, invece, contestano provvedimenti ad personam e comodi incarichi politici che permettono alla vicepresidente di sottrarsi ai giudici per le accuse di corruzione a suo carico. Infine, ci sono stati diversi scandali che possono in qualche modo aver condizionato l’opinione pubblica, quali i vaccini concessi in anticipo a personaggi famosi, o le foto pervenute alla stampa di una festa nella villa presidenziale durante uno dei lockdown più restrittivi del mondo.
Oggi, come spesso accade nella vita interna al peronismo, la frattura sembra essersi ricomposta. Il gabinetto di Alberto Fernández è stato in parte rinnovato nel tentativo di dare al peronismo lo slancio necessario per affrontare le elezioni legislative del prossimo novembre. Se da un lato Fernández ha dovuto rinunciare al suo fedele capo di gabinetto Cafiero ed accettare l’entrata di figure forti della corrente kirchnerista -fra i quali Aníbal Fernández, secondo alcuni esperti inadatto alla guida del Ministero della Sicurezza-, dall’altro è riuscito a ‘blindare’ il suo Ministro dell’Economia, Martín Guzmán.
Mentre promette di non farsi travolgere dalle lotte intestine, Fernández ha un mese e mezzo per tentare di influenzare a suo vantaggio le prossime elezioni legislative. La spada di Damocle di un Parlamento in mano all’opposizione continuerà a preoccupare l’intera e agitata famiglia peronista.
Bibliografia
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- https://www.gauchonews.it/politica/crisi-governo-argentina-cambio-ministri-alberto-fernandez/ https://www.dw.com/es/cristina-kirchner-pide-cambio-de-gabinete-tras-derrota-electoral/ a-59207613
Immagine: El presidente Alberto Fernández entregó, en el Espacio para la Memoria y los Derechos Humanos (ex ESMA) los premios Azucena Villaflor del período 2015-2020 (...)
Autore: Unknown
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