Il Femminismo Giuridico e la Didattica del Sesso
di Vincenzo Maria Binetti
Tempo di lettura 6'
LE PREMESSE DEL FEMMINISMO GIURIDICO
Fin dagli anni ’60 del XX secolo, lo scopo comune a tutte le correnti della teoria giuridica femminista è stato quello di analizzare la misura in cui, la quasi totalità dei sistemi giuridici, riflette e rinforza la prospettiva maschile.
Catharine MacKinnon è stata tra le femministe che hanno criticato il modo in cui la prospettiva dell’uguaglianza tende ad operare nell’interesse degli uomini e, nel tentativo di smascherare la formale e pretesa neutralità del Diritto, ha messo in luce il modello antropologico cui esso, nei fatti, tutt’oggi si riferisce: il maschio bianco, adulto, sano di mente, possidente, possibilmente coniugato.
“Perché si dovrebbe essere uguali agli uomini bianchi per avere ciò che essi hanno, posto che, per averlo, gli uomini bianchi non devono essere uguali a nessuno, se non a loro stessi?” [1].
Verrebbe da chiedersi, allora, come dovrebbe riflettersi l’intrinseca diversità tra uomini e donne nelle norme, nelle istituzioni giuridiche e nella formazione dei giuristi; la risposta, se non scontata, risulta quantomeno lapalissiana: la società e il Diritto dovrebbero essere riformati per rimuovere i pregiudizi e per rispecchiare le esperienze delle donne quanto quelle degli uomini.
-La Legislazione MacKinnon-Dworkin-
Ebbene, la MacKinnon non ha relegato i suoi principi e le sue idee ad una sfera meramente formale, ma è andata oltre, e assieme alla nota femminista Andrea Dworkin ha agito a livello sostanziale, formulando una proposta legislativa sul materiale sessualmente esplicito.
La legislazione MacKinnon-Dworkin è un modello di ordinanza volto ad offrire un ricorso civile per i danni connessi a materiali sessualmente espliciti che mostrano (e perciò incoraggiano) l’ineguaglianza sessuale estrema.
È un fatto che, al centro della maggior parte del materiale pornografico, vi è il ritratto delle donne quali esseri a mala pena senzienti, subordinati agli uomini, e che addirittura provano piacere ad esserlo; e a ragione, nella proposta MacKinnon-Dworkin, la pornografia viene definita come “la subordinazione sessualmente esplicita delle donne”, che troverebbero piacere nell’umiliazione e nel dolore, o nell’essere vittime di stupro e altre violenze.
In effetti, basta consultare un qualsiasi sito di materiale sessualmente esplicito per appurare che i titoli più cliccati fanno riferimento a donne che sono “banged”, “destroyed”, “abused”, “punished”, e così via.
L’immagine che emerge è quella di una donna reificata, ridotta cioè a mero oggetto di piacere sessuale dell’uomo.
Il modello MacKinnon-Dworkin fu proposto e approvato (seppur in forme leggermente diverse) in alcune città americane, ma la sua fortuna fu breve: ben presto l’ordinanza venne dichiarata incostituzionale.
Alla base dell’invalidità costituzionale della proposta, vi fu il principio in virtù del quale, al governo, non fosse consentito distinguere sulla base dei punti di vista, e così la legge fu considerata un’illegittima intrusione del governo sulla libertà d’espressione.
-Le Soluzioni-
Al di là del fallimento dell’ordinanza in questione, ritengo che la soluzione non possa essere ricercata nell’adozione di misure (legislative o meno) assunte a posteriori, quanto piuttosto in un programma di prevenzione, che verta sulla rieducazione dei cittadini (soprattutto dei più giovani), producendo i suoi maggiori effetti nel lungo periodo e che possa, eventualmente, concretizzarsi nella formulazione di nuove e più adeguate proposte legislative.
Concretamente, il fine rieducativo potrebbe essere perseguito agendo su due distinti livelli, entrambi validi e costruttivi: reinserire l’educazione sessuale nel sistema scolastico e promuovere la produzione di una pornografia femminista (o quantomeno paritaria).
LE PROBLEMATICHE DELL’EDUCAZIONE SESSUALE
-La Situazione Europea-
Nel sottolineare l’importanza dell’educazione sessuale a scuola, Michela Marzano, filosofa nell’ambito morale e politico, afferma: “È a scuola che si diventa cittadini del futuro”.
Quello che, tuttavia, emerge analizzando l’orientamento degli Stati Europei rispetto all’insegnamento dell’educazione sessuale è un quadro piuttosto confuso e disomogeneo: in molti Stati membri dell’Unione Europea questa materia è obbligatoria (in Germania dal 1968, in Danimarca, Finlandia e Austria dal 1970, in Francia dal 1998), fanno però eccezione ben sei dei ventitrè Stati Europei: Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania e Italia.
-La Situazione Italiana-
L’Italia è un esempio lampante (anche perché sotto i nostri occhi) di come un intero contesto culturale, politico, religioso sia capace di indebolire e annichilire ogni iniziativa legislativa volta ad introdurre l’educazione sessuale nelle scuole.
Il rapporto “Sexual Education in Europe” [2] mostra come, in Italia, si sia sempre riscontrata una forte opposizione alla sua introduzione, soprattutto da parte della chiesa cattolica e di alcuni gruppi politici, che si ostinano a difendere un presunto “buon costume”, camuffando goffamente l’ipocrita arretratezza ideologica di un Paese costruito da uomini, ma dominato dalla religione.
Questa linea continua ad essere mantenuta, nonostante numerosi siano ormai gli studi che dimostrano i benefici impatti che avrebbe l’educazione sessuale; solo per citarne alcuni: diminuzione dei rapporti non protetti, calo delle MST (malattie sessualmente trasmissibili), diminuzione delle gravidanze inattese (specialmente in età adolescenziale).
-La Situazione Complessiva-
In verità, il rapporto aggiunge che comunque i problemi si registrano anche in quegli Stati in cui l’insegnamento è obbligatorio, a causa della qualità dell’insegnamento da una parte, e della limitata assimilazione da parte degli studenti dall’altra.
È un fatto, comunque, che molti giovani europei non siano adeguatamente informati in tema di educazione sessuale, specialmente sui temi della salute e dei Diritti riguardo il sesso.
In ogni caso, in difetto di un’adeguata e consapevole educazione sessuale (impartita in famiglia piuttosto che a scuola), l’unica fonte di apprendimento circa la vita sessuale è costituita proprio da quella pornografia sbagliata di cui si è detto sopra.
È gioco forza porre rimedio all’evidente danno socioculturale che sorge da questa situazione di patologica nescienza, che lede soprattutto, ma non solo, il genere femminile.
LA PORNOGRAFIA FEMMINISTA
Negli ultimi tempi sta avvenendo una sorta di rivoluzione all’interno del settore della pornografia, rivoluzione che investe il modo stesso di fare pornografia e lo strumento col quale la si porta davanti al pubblico.
-Il “Gentil Porno”-
In primo luogo, numerose ex-attrici porno continuano in questo campo come registe. Già negli anni ’80 Candida Royalle fece da apripista creando la casa di produzione “Femme Production”.
Volendoci soffermare su alcune fondamentali differenze, anzitutto le riprese cercano di non concentrarsi sulle sole nudità, ma di cogliere dettagli e particolari, in modo da creare un contesto erotico, quasi romantico (tale che, in taluni casi, si potrebbe addirittura ipotizzare che i registi si siano ispirati, quantomeno idealmente, a un amore cortese e cavalleresco).
In effetti, rappresentare adulti che hanno un rapporto sessuale assolutamente paritario costituisce già di per sé un aspetto affatto usuale.
Inoltre, da un’analisi prettamente economica, emerge che il mercato di questo “porno al femminile” può, potenzialmente, estendersi a una clientela molto ampia: tra gli utenti del noto sito Pornhub, le donne costituiscono una percentuale rilevante e in costante crescita, a dircelo sono i dati raccolti e pubblicati dal sito medesimo: si va dalla percentuale minima pari al 24% degli utenti (Germania) a quella massima del 38% (Filippine), per assestarsi ad una media pari al 29% del pubblico totale [3].
-La Pornografia Via Webcam-
Un’altra grande novità (nonché la vera rivoluzione) consiste nella nascita di una nuova forma di pornografia in tempo reale, quasi un’evoluzione delle linee telefoniche hard: il porno via webcam.
I vantaggi sono molteplici, ma ciò che qui rileva sottolineare è che a dettare le condizioni, e quindi a controllare la propria immagine e il proprio ruolo, è anzitutto la “performer”.
Ciò significa anzitutto che la webcammer è libera di porre in essere o meno una determinata performance, poiché il risvolto sarebbe non già la risoluzione di un ipotetico contratto (che invece le imponeva di tenere quel determinato comportamento), bensì l’acquisizione o, viceversa, la perdita, di fan (e quindi di clientela).
LA DIDATTICA DEL SESSO
In conclusione, emerge oggi più che mai la necessità non solo di riformare i Diritti in materia sessuale, ma soprattutto di istruire e informare i cittadini, di rieducarli rendendoli consapevoli di ciò che stanno guardando e/o facendo: è necessaria, cioè, una “Didattica del Sesso”.
[1] C. MacKinnon, “Reflections on Sex Equality Under Law”, in “Yale Law Journal”, 1991.
[2] https://www.slideshare.net/ilfattoquotidiano/sexuality-education-ineurope
[3] https://www.agi.it/data-journalism/donne_porno-5110162/news/2019-03-08
BIBLIOGRAFIA
- C. MacKinnon, “Reflections on Sex Equality Under Law”, in “Yale Law Journal”, 1991.
- https://www.slideshare.net/ilfattoquotidiano/sexuality-education-ineurope
- https://www.agi.it/data-journalism/donne_porno-5110162/news/2019-03-08
IMMAGINE
dalla conferenza alla University of Chicago Law School