Le cause che portarono alla crisi siriana
di Federica Caravelli
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La guerra in Siria iniziò il 15 marzo 2011 quando migliaia di dimostranti manifestarono pacificamente nella città di Daraa, nella Siria meridionale, per chiedere le dimissioni del regime sciita guidato dal presidente Bashar al-Assad che si basa sui principi del Partito Baath e discrimina la maggioranza sunnita e la consistente minoranza curda. Pochi giorni dopo le manifestazioni si diffusero in tutta la regione e si trasformarono in proteste di massa, portando il regime a reagire brutalmente reprimendole militarmente e provocando centinaia di vittime.
La Siria è un paese a maggioranza sunnita (75%) mentre la famiglia Assad è Alahuita confessione che si avvicina al movimento sciita. La rivolta quindi assunse anche un profilo religioso oltre che politico, finché nel 2012 gli scontri sempre più frequenti e violenti non si trasformarono in una vera e propria guerra civile.
Si crearono così due schieramenti ben distinti: da un lato l’esercito regolare siriano di Assad sostenuto dall’Iran, dalla Russia e in parte anche dal Venezuela e dalla Corea del Nord e dall’altro i ribelli e le forze democratiche che invece erano appoggiati dagli altri Stati sunniti mediorientali (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Turchia), USA ed altri paesi occidentali dell’Unione Europea come Francia e Gran Bretagna. A tal proposito si parla dunque di una proxy war (“guerra per procura”).
In questo scenario si inserì poi il fenomeno dell’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, che nasceva dai gruppi di Al Qa’eda rimasti attivi nelle province sunnite irachene) l’organizzazione terroristica che durante il 2012 approfittò del disordine in Siria per infiltrarsi nel Paese e prendere il controllo di diverse zone facendo leva sul malcontento della popolazione sunnita. Nel 2014 si diffuse anche in Iraq e a giugno dello stesso anno il “Califfo” Abu Bakr al-Baghdadi proclama la nascita dello Stato Islamico a Mosul.
È la prima volta nella storia recente che una organizzazione terroristica controlla una regione geografica, sulla quale stabilisce istituzioni di sicurezza, scolastiche, giudiziarie, economico-finanziarie e così via.
Di conseguenza gli americani, i curdi della Siria settentrionale, la Russia, le milizie iraniane, le milizie Hezbollah libanesi e le forze di Assad si unirono per sconfiggere il nemico comune e a fine 2017 l’ISIS venne sconfitto sia in Siria che in Iraq, ma rimase attivo come organizzazione terroristica compiendo attentati ed incursioni.
Caduto il Califfato, venne ripreso immediatamente il conflitto tra Assad ed i ribelli e curdi. La Turchia, che fino a quel momento aveva sostenuto i ribelli, inizia a bombardare le città vicine al proprio confine in mano ai curdi, temendo la nascita di un’entità curda al proprio confine meridionale.
Dopo aver preso il controllo di Afrin, il presidente Erdogan ha stretto un patto con Putin per dare vita ad una cooperazione fra le proprie forze militari, che riconosce apertamente l’occupazione turca nella zona compresa tra Tel Abyad e Ras Al Ayn ed il pattugliamento congiunto di tali forze di Russia e Turchia nel resto della zona cuscinetto.
Nel frattempo anche Assad ha intensificato i propri bombardamenti contro le postazioni dei ribelli, e per questo è stato accusato di aver utilizzato le armi chimiche, provocando la reazione degli USA pronti ad intervenire militarmente contro Damasco.
Diverse sono le cause alla base di questa guerra che dura ormai da più di sei anni. La rivolta nei confronti del regime di Assad, sull’onda di quelle proteste che hanno caratterizzato in quel periodo molti paesi arabi, ne rappresenta il fulcro; ad esso poi si aggiungono altre motivazioni che hanno contribuito ad implementare discordie e ad alimentare conflitti: a partire dagli equilibri geopolitici di tutta l’area, considerato che Arabia Saudita e USA temono che il controllo del paese possa rafforzare di molto i paesi rivali, con particolare riferimento all’Iran ed alla crescita della sua influenza nella regione e che anche Israele teme che si possa creare un forte asse tra Iran, Iraq, Siria e gli Hezbollah libanesi. Ci sono poi le motivazioni economiche, infatti la Siria è un paese ricco di petrolio e di altre risorse naturali. Molti di questi giacimenti erano caduti in mano dell’ISIS ma anche dei curdi, così si è determinato uno scontro per poterli controllare e gestire. A questo proposito, importante è la questione dell’oleodotto che dal Qatar dovrebbe arrivare in Turchia passando per la Siria. Assad è sempre stato contrario al progetto, poiché una sua autorizzazione andrebbe a danneggiare la Russia che al momento ha quasi il monopolio delle forniture di gas all’Europa. Fino a motivazioni religiose dal momento che vi è la storica scissione tra sciiti (che in questo caso reggono il governo centrale) e i sunniti (che invece rappresentano la minoranza dei ribelli). In quest’ottica è molto forte il legame tra Damasco e Teheran.
Dunque la guerra ha motivazioni strategiche ed economiche a cui si aggiungono su un piano più basso quelle sociali e religiose, inoltre la Siria rappresenta un terreno di scontro tra il blocco di potere russo-iraniano-cinese e quello saudita-americano-occidentale.
Bibliografia:
- https://www.agi.it/fact-checking/trump_guerra_siria_turchia_curdi-6322619/news/2019-10-09/
- https://www.money.it/perche-guerra-in-siria
- https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-03-14/lo-scoppio-rivolta-15-marzo-2011--190103.shtml
- https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/siria-una-crisi-evoluzione-24001
Immagine: Syrian demonstration Douma Damascus 08/04/2011
Autore: Shamsnn
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