Taiwan, tra sentimenti e guerra tra la gente
Sempre più si sente parlare dell’isola di Taiwan in quanto essa ricopre, oggi più che mai, un ruolo centrale nella strategia cinese di allargamento dei suoi confine e nella rinnovata politica estera di potenza degli Stati Uniti, e dei suoi alleati, nell’area dell’Indo-Pacifico. Tuttavia poco affrontata è la posizione dei cittadini, e della leadership, taiwanesi riguardo le mire cinesi sull’isola e gli interessi americani nell’area.
Seppur sia necessario tenere in considerazione come l’opinione pubblica sia altamente volatile, sopratutto in un periodo d’eccezione come quello attuale, si può tentare di colmare in parte questa lacuna sfruttando una serie di interviste dirette ai cittadini ed alla Leader politica dell’isola, la Presidente Tsai Ing-wen; oltreché utilizzando fonti giornalistiche locali e di Think-Thank internazionali.
Anzitutto è necessario chiarire, al lettore poco esperto, come i cittadini della Repubblic of China (ROC) siano profondamente consapevoli del loro stretto legame socio-culturale ed economico con la People’s Republic of China (PRC). Questa consapevolezza ha portato, a partire dal 2000, alla strutturazione dell’attuale sistema politico dell’isola, indipendente da quello della PRC, che vede contrapporsi due principali partiti. Il Democratic Progressive Party (DPP), sorto in con la venuta della democrazia nell’isola partire dagli anni ‘80, che grazie alla vittoria elettorale del 2016 si trova alla guida del paese ed esprime la Presidente Tsai Ing-wen quale leader politica dell’isola. In contrapposizione il Kuomintang (KMT), conosciuto anche come Chinese Nationalist Party, che ha governato l’isola dal 1949 al 2000, oltreché ha espresso come Presidente Ma Ying-jeou negli anni compresi tra il 2008 ed il 2016, cedendo poi il posto al DPP nella guida del paese.
Questi due partiti rappresentano l’anima contrapposta, complementare ed in lotta dei cittadini di Taiwan. Seppur entrambi gli schieramenti politici mirino a mantenere lo status quo nelle relazioni tra ROC e PRC, volendo in ultima istanza scongiurare una guerra che avrebbe esiti catastrofici per l’isola, essi posseggono linee guida di politica estera diametralmente opposte al riguardo. Nonostante il KMT sorga direttamente dalla volontà di Chiang Kai-shek, costretto all’esilio dopo la sconfitta della guerra civile cinese contro il Partito Comunista Cinese (CCP) nel 1949, esso propone oggi una linea politica di avvicinamento alla PRC. Infatti il KMT basa le sue linee guida di partito sui tre principi del popolo, riconosciuti nel nazionalismo, nella democrazia e nel socialismo; e sulla definizione, data dal Consenso del 1992, che vede la PRC e la ROC facenti parte di un’unica Cina. Patto unico nel suo genere in quanto i contraenti interpretano, fin dalla sigla dell’accordo, in modo differente la definizione di una Cina unica. Il più recente DPP invece pone enfasi sull’anima nazionalistica dell’isola e sulla differente cultura che la contraddistingue dalla terra ferma. In quest’ottica gli sforzi dell’attuale presidente Tsai Ing-wen sono volti ad un rafforzamento delle relazioni estere - politiche ed economiche - con paesi contrapposti alla RPC come gli Stati Uniti (USA) ed il Giappone.
Date queste premesse è possibile meglio comprendere i sentimenti della popolazione taiwanese. Secondo un sondaggio condotto dal Per Research Center, nel novembre 2019, l’85% della popolazione Taiwanese vedeva di buon occhio un rafforzamento dei legami economici con gli USA, a discapito di 52% favorevole ad un avvicinamento economico con Pechino. Le differenze si acuivano tenendo conto delle diverse fasce d’età, le quali mostravano come fossero sopratutto i Millennials a distaccarsi maggiormente dalla PRC, soprattuto dal punto di vista politico e di gradimento sociale. Mentre una quota ragionevole, pari al 39% dei Millenials, salita al 83% considerando invece gli elettori del KMT, avrebbe sostenuto un avvicinamento di tipo economico con la Cina. Quest’elevato gradimento verso gli Stati Uniti può essere ricondotto, agli allora appena varati, Taiwan Allies International Protection and Enhancement Initiative (TAIPEI) Act of 2019. Altri studi condotti dalla National Chengchi University, pubblicati il 22 dicembre 2020, mostrano un amplio consenso verso il comportamento e le politics della Presidente Tsai Ing-wen. La quale durante il suo mandato, specialmente negli ultimi anni, ha raffreddato le relazioni tra i due paesi asiatici a favore di un avvicinamento agli USA; accettando tacitamente una sempre maggiore aggressività cinese, in rotta con il Consenso del 1992. La ricerca riporta di come il pubblico sia generalmente soddisfatto delle fredde relazioni attuali tra ROC e PRC (55,25% soddisfatto o molto soddisfatto), dato che varia ampiamente tra i sostenitori del DPP (88,7%) e il KMT pro-unificazione (5,81%).
A rafforzare le posizioni del KMT le vecchie generazioni auspicano una riunificazione pacifica con la PRC. A differenza dei giovani taiwanesi, in forze al DPP, che desiderosi di staccarsi economicamente e socialmente dalla PRC, percepiscono i legami tra i due paesi troppo forti. In altri termini nonostante il sentimento maggioritario tra la generazione X e più recenti sia quello di difendere i principi democratici dei quali hanno sempre goduto un sentimento di rassegnazione, talvolta, si può notare alla constatazione di fatto dell’importanza delle relazioni socio-economiche tra i due paesi. L’inscindibilità tra ROC e PRC viene rispettata e ribadita anche a livello internazionale, ravvisabile nell’assenza di un univoco riconoscimento internazionale della ROC. Che ambiguamente si trova a far parte della PRC.
Come riportato anche dalle interviste, l’umore e la simpatia taiwanese verso la Cina non sono sempre negativi, ed anzi esibiscono un andamento altalenante. Le relazioni tra i due paesi si presentano inversamente proporzionali alla forza proiettata sullo scenario internazionale da parte della Cina. In Taiwan gli occhi sono costantemente puntati all’osservazione degli accadimenti nella regione dello Xinjiang e ad Hong Kong. I taiwanesi vedono in quello che vi accade un preludio di ciò che potrebbe accadere sull’isola. Essi sono certamente intimoriti dalle sempre maggiori incursioni aeree da parte del People's Liberation Army Air Force (PLAAF). Tuttavia, forti della consapevolezza di trovarsi al centro di parte dell’attenzione globale, in fin dei conti essi non credono che la Cina continentale possa attuare un’invasione anfibia dell’isola. Lo scenario della guerra aperta combattuta tra le strade di Taipei è fantapolitica per i taiwanesi. Questi piuttosto temono che la conquista della ROC, obbiettivo dichiarato dal Presidente Xi, possa avvenire secondo le dinamiche di una guerra di IV° generazione, come analizzato nel lontano ‘99 dai colonnelli cinesi Wang Xiangsui, Qiao Liang in Guerra senza limiti. Questa tipologia di conflitto vedrebbe il connubio tra diverse forze, militari e non, atte al crollo della volontà taiwanese portando in essere il raggiungimento degli obbiettivi della PRC senza colpo ferire. I taiwanesi quindi, più che l’approssimarsi del naviglio pesante ed il sorvolo aereo del PLAAF - nonostante il Ministro della Difesa di Taiwan Chiu Kuo-cheng abbia persino avvertito il Parlamento taiwanese all'inizio di ottobre che Pechino potrebbe essere in grado di lanciare un'invasione "su larga scala" dell'isola entro il 2025 - temono un’intromissione nei processi decisionali democratici che caratterizzano l’assetto sociale dell’isola. Fake-news, attacchi cyber, influenza social sono tutti fattori che potrebbero portare all’indebolimento della volontà popolare di emancipazione dalla terra ferma. Sentimenti che se catalizzati da una corrente politica potrebbero arrivare a soddisfare le mire della grande Cina imperiale di Pechino.
La Presidente Tsai Ing-wen pur volendo mantenere tacitamente lo status quo, altrettanto in sordina, ha aumentato le relazioni con gli USA facendo crescere il numero di soldati americani dispiegati sull’isola, incrementando il volume d’acquisto degli armamenti americani e le connessioni diplomatiche tra i due stati, in netto miglioramento durante la presidenza Trump prima e quella Biden oggi. Per la leader una maggiore esposizione internazionale dell’isola è la sola via per l’emancipazione e la protezione dalla terra ferma. Apertura che viene colta più che positivamente oltre oceano data l’importanza geopolitica di Taiwan e la sua centralità nel settore dei microprocessori, così ambiti dal settore tecnologico americano. Inutile ribadire come ogni azione in tal senso non sia vista di buon occhio da Pechino.