La città che sprofonda
di Juan Felicioni
Tempo di lettura 3'
È recente l’approvazione da parte del parlamento indonesiano di spostare la propria capitale, dall’attuale Giacarta, ad una di nuova costruzione, al momento denominata “Nusantara” (arcipelago). La decisione presa – già nel 2019 - dal presidente dell’ex colonia olandese, J. Widodo, è dovuta dall’attuale situazione nella quale riversa la capitale dello Stato.
Con una popolazione di quasi 11 milioni di abitanti (circa 31 milioni se si considera l’area metropolitana comprendente alcune città satelliti, denominata Jabodetabek)[1], Giacarta è definibile come megacittà, rientrando nella categoria di quegli insediamenti urbani che superano i 10 milioni di abitanti[2]. Il sovraffollamento è quindi uno dei fattori di pressione che vengono esercitati sulla città, e dalla quale il progetto di Nusantara servirà ad alleviarla.
A questo si collega anche la previsione futura data dallo studio di Euromonitor International[3] che illustra come per il 2030 Giacarta possa diventare la città più popolata al mondo, superando il primato attuale tenuto da Tokyo-Yokohama.
I fattori della disastrosa situazione di Giacarta sono diversi, ma sempre collegati all’enorme pressione antropogenica. Correlato a ciò è ad esempio l’inquinamento dell’aria della città. Come riportato dal TomTom Traffic Index, nel 2019 la capitale rilevava un livello di congestionamento del traffico del 56%, collocandosi al 10° posto nel ranking globale. Nel 2020 il livello è sceso al 36%[4] (31° posto nella classifica globale). La città, con 39 microgrammi per metro cubo di polveri sottili (39.6 μg/m3), risulta avere una qualità dell’aria peggiore addirittura di Pechino (37.5 μg/m3)[5]. Per un rapido confronto, si pensi che nel 2019 Roma si collocava al 43° posto nella classifica del traffico, e ad oggi, registra un’aria con 17 µg/m³ di polveri sottili.
Inoltre in alcune aree della capitale si stanno registrando cedimenti del terreno: il sottosuolo sta sprofondando, di circa 25-30 centimetri l’anno. Questo è causato prevalentemente dalla costante estrazione di acqua dalle falde acquifere sotterranee, resa necessaria dalla difficoltà di reperimento di acqua potabile per la popolazione. Alcuni studi dimostrano che per il 2050, il 95% del nord della città finirà al di sotto del livello del mare[6].
Ecco allora che il piano del governo prevede spostare la capitale nel Kalimantan, ovvero nella parte indonesiana dell’isola del Borneo. Il progetto per la costruzione di Nusantara, prevista nella parte est dell’isola per il 2024 (pandemia permettendo), ha un budget che si aggira attorno ai 33 miliardi di dollari. Le critiche a tale decisione non mancano. Si teme soprattutto per l’ecosistema ambientale della regione ospitante.
L’aspetto che preme maggiormente sottolineare è però il trend che tale decisione potrebbe avviare. La decisione del governo indonesiano non è considerabile come precedente: nella storia ci sono stati numerosi casi di “spostamento” della capitale di uno Stato, costruendo anche città partendo dal nulla. Ma per la maggior parte tali eventi sono stati causati più da decisioni politiche e strategiche, come dimostra il caso della nascita di Brasilia nel 1960 sostituendo l’allora detentrice del ruolo Rio de Janeiro. Tuttavia, trattandosi qui di questioni ambientali, non bisogna continuare a lasciarsi tutto alle spalle e ripartire da zero. Tale strategia risulta ad un primo acchito più semplice ma dobbiamo tenere a mente che il suolo è una risorsa, scarsa e limitata.
In un mondo sempre più urbanizzato, le città giocano un ruolo da protagoniste per il nostro futuro. Sembra però che le intenzioni generali siano di fuggire dagli attuali agglomerati urbani, per crearne dei nuovi. Spazi innovativi che, ripartendo da zero, creino nuovi paradigmi urbani. Di questo ne abbiamo già parlato ad esempio riguardo al progetto per la città di Telosa negli Stati Uniti. Certo, la capitale dell’Indonesia è un caso particolare, che richiede anche misure drastiche come la riallocazione degli abitanti e delle funzioni urbane al fine di alleggerire il carico sul territorio. Ma in quanti avranno la possibilità e l’opportunità di cambiare città? Nonostante il governo del presidente Widodo intenda risolvere i problemi di Giacarta e mantenerla come centro economico e finanziario, rischieremo di avere così città di “Serie A” e città di “Serie B” (o peggio); e conseguentemente anche cittadini di diverso “rango”.
Difficile prevedere che ruolo avrà Nusantara nel panorama delle città del futuro, se sarà in grado di evitare gli stessi errori di Giacarta o che impatto ambientale avrà nella configurazione territoriale indonesiana. L’importante è che non diventi una città escludente, ma anzi, che sia capace di valorizzare i cittadini e che sia in grado di coniugare le dimensioni della giustizia ambientale, sociale e spaziale.
Bibliografia
- [1] Calendario Atlante De Agostini (2020)
- [2] Nel 2018 le Nazioni Unite ne contavano 33 nel mondo, prevedendo un loro aumento a 43 megacittà per il 2030; United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division, The World's Cities in 2018, Data Booklet, (2018)
- [3] https://www.euromonitor.com/global-overview-of-megacities/reporthttps://www.euromonitor.com/global-overview-of-megacities/report
- [4] https://www.tomtom.com/en_gb/traffic-index/ranking/
- [5] https://www.iqair.com/world-air-quality-report
- [6] https://www.bbc.com/news/world-asia-44636934 ; citato anche in https://www.itasean.org/lindonesia-sposta-la-capitale-i-problemi-delle-megalopoli-nel-sud-est-asiatico/
Immagine: Jakarta's skyline during Golden Hour
Autore: HugoChaska
CC BY-SA 4.0
**immagine modificata per questioni grafiche