La svolta di New York: cosa rappresenta l’ascesa di Zohran Mamdani
di Chiara Biagi e Alessandro Dominici
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L’elezione di Zohran Mamdani come sindaco di New York non è solo un passaggio istituzionale, ma bensì il segnale di una frattura più profonda, sintomo di una città che cerca una nuova direzione dopo anni di crisi sociale, economica e identitaria.
Trentanove anni, origini musulmane sciite e una storia familiare che attraversa India, Uganda e Stati Uniti, Mamdani incarna una New York diversa da quella degli ultimi decenni.
Ma a rendere questa elezione davvero straordinaria è stata soprattutto la partecipazione, dove oltre 2 milioni di newyorkesi si sono recati alle urne, il dato più alto dal 1969. Una mobilitazione di tale portata ha sorpreso analisti e osservatori, segnalando che più del 51% degli elettori ha scelto Mamdani come candidato, trasformando quella che sembrava una sfida tra correnti del Partito Democratico in un vero e proprio referendum sul futuro della città.
Il neo Sindaco ha costruito la propria identità politica ad Astoria, quartiere simbolo di una working class multietnica. La sua carriera è iniziata prima come organizzatore di base e deputato statale, per poi costruirsi un’immagine basata su un messaggio semplice: “la città appartiene a chi la vive, non a chi può permettersela”. La sua è la storia di un outsider che sfida non solo il Partito Repubblicano, ma anche l’ala moderata dei Democratici, rappresentata da figure come Andrew Cuomo.
Il vero motore della sua campagna elettorale è stata la promessa di ridurre le disparità sociali, individuando nella mobilità uno dei terreni principali su cui intervenire, convinto che la possibilità di spostarsi liberamente all’interno della città sia una condizione essenziale per garantire pari opportunità a tutti i cittadini.
Da qui nasce la sua proposta più discussa, ovvero rendere gratuiti gli autobus, eliminando una parte del costo quotidiano che pesa soprattutto sulle fasce più deboli. In una città in cui un semplice abbonamento ai mezzi rappresenta una spesa significativa per chi vive nei borough più distanti da Manhattan, la gratuità diventerebbe un supporto concreto, capace di incidere realmente sulla qualità della vita. Tuttavia, questa misura incontra ostacoli immediati, come la Metropolitan Transportation Authority, la quale registra già un deficit di circa tre miliardi di dollari. Mamdani propone quindi un incremento delle imposte sui redditi più alti e sulle grandi aziende, una scelta che richiede però l’approvazione dello Stato di New York.
Tutto ciò tratta di politiche ambiziose, sostenute da una larga parte dell’elettorato proprio perché rispondono a problemi percepiti come urgenti e non più rinviabili, ma allo stesso tempo, la loro attuazione richiede risorse significative e una collaborazione tra Comune e Stato che non può essere data per scontata.
Un ruolo rilevante nella sua affermazione è stato svolto anche da Brad Lander, candidato alle primarie democratiche. Pur non essendo formalmente il “numero due” di Mamdani, Lander ha stretto con lui un vero e proprio accordo di cross-endorsement, invitando reciprocamente i propri sostenitori a indicare l’altro come seconda scelta nel voto a preferenze.
Questo scambio, raro nella politica cittadina, ha permesso di sommare le rispettive basi elettorali, unendo le reti di attivisti, le comunità locali e quel segmento dell’elettorato progressista che rischiava di dividersi tra candidati simili. La collaborazione tra Mamdani e Lander ha così contribuito a consolidare la percezione di una coalizione ampia e coordinata, rafforzando la credibilità del candidato, poi risultato vincitore, anche agli occhi degli elettori più moderati.
Un’altra dinamica che ha favorito la vittoria di Mamdani è stata la polarizzazione nazionale incarnata da Donald Trump, che negli ultimi anni ha contribuito a trasformare anche le elezioni municipali in uno scontro identitario più ampio.
Pur trattandosi di una competizione locale, la campagna è stata profondamente influenzata dal clima politico federale, dove l’intervento diretto di Trump, che ha espresso sostegno ad Andrew Cuomo, ha reso il voto una sorta di prova di forza tra due visioni contrapposte del paese. Da un lato, il Presidente Trump ha cercato di presentare Mamdani come un candidato “comunista” e potenzialmente dannoso per New York, minacciando persino di bloccare fondi federali qualora fosse eletto, mentre dall’altro, molti elettori progressisti e indipendenti hanno percepito questa intromissione come un tentativo di condizionare la politica locale, reagendo con una mobilitazione ancora più forte in favore del candidato progressista.
A questo punto, ci è sorta una domanda inevitabile da porre ai lettori:
Il programma di Mamdani è davvero possibile? Oppure è solo un’utopia capace di conquistare voti, ma destinata a infrangersi contro la realtà?
Alla luce delle prime analisi, è probabile che solo una parte del programma di Mamdani possa essere realizzata nei tempi e nelle modalità promesse durante la campagna.
Misure come i bus gratuiti o i supermercati comunali potrebbero essere avviate tramite progetti pilota o riallocazioni mirate del bilancio, dato che il loro costo è relativamente contenuto. Diverso è il caso delle riforme sull’housing popolare su larga scala o l’introduzione dell’asilo nido universale, che richiederebbero finanziamenti aggiuntivi significativi. Qui il margine di manovra è limitato; ne è un esempio la governatrice Hochul, la quale ha espresso più volte scetticismo verso incrementi fiscali.
Sorprendentemente, alcuni analisti ritengono più fattibile una versione graduale di childcare universale rispetto ad altre misure, poiché potrebbe essere introdotta per fasce d’età o in quartieri specifici, diminuendo l’impatto immediato sul bilancio.
Più complesso appare invece finanziare il piano da decine di miliardi per l’edilizia popolare, che richiederebbe un uso molto più elevato del debito comunale e un accordo di lungo periodo tra amministrazioni future.
In generale, gli esperti concordano sul fatto che l’agenda di Mamdani subirà inevitabilmente una riduzione parziale rispetto alle ambizioni iniziali, dato che alcuni elementi simbolici potrebbero essere realizzati rapidamente, mentre quelli più costosi verranno probabilmente ridimensionati o diluiti nel tempo. La sua amministrazione dovrà quindi trovare un equilibrio tra visione politica e sostenibilità finanziaria, negoziando con lo Stato e adattando le promesse a una realtà di vincoli istituzionali molto più rigida delle aspettative della campagna.
Bibliografia
- Gay, M. (2025, 21 novembre). Mamdani’s surreal and shrewd pragmatism. The New York Times. https://www.nytimes.com/2025/11/21/opinion/zohran-mamdani-trump-meeting-white-house.html?unlocked_article_code=1.6E8.YiUS.xg7ESlPTWPZb&smid=nytcore-ios-share
- Il Punto. (2025, 11 novembre). New York ha un nuovo sindaco. https://ilpunto.beehiiv.com/p/marted-298b
- Perkins, T. (2025, 10 novembre). Who is Zohran Mamdani, New York’s democratic socialist new mayor? The Guardian. https://www.theguardian.com/us-news/2025/nov/11/zohran-mamdani-new-york-policies-cost-explainer?CMP=share_btn_url
- Rampini, F. (2025, 4 novembre). Le tre crisi che spiegano l’ascesa del “fenomeno” Mamdani. Corriere della Sera. https://www.corriere.it/oriente-occidente-federico-rampini/25_novembre_04/tre-crisi-ascesa-mamdani-03892cd5-1eb4-420f-a1dd-b326cfe73xlk.shtml
Immagine: Creata con l’IA